domenica 21 agosto 2011

Tolto il miglio dalla vaschetta, lavato molto accuratamente con acqua fredda, messo a scolare, tostato con olio d'oliva, cotto in acqua bollente per venti minuti. Questa la mia cena.
Ho avvolto il tuo corpicino nudo nella federa di un cuscino. Pelle di paura o freddo.
Userò le piumette da neonato per imbottire un cuscino da scoiattolo.
Ti ricorderò appena, con il tuo canticchiare stentato.
Credimi, il rigore della morte ti ha reso più bello da accarezzare.
La mattina che ti ho trovato sul fondo della gabbia, ti ho raccolto.
Seduta sul balcone, con un grembiule da cucina indosso, ti ho staccato le piume, una ad una.
Appenderò il tuo ritratto in bagno. Ti guarderò facendo la doccia, quando sono più fragile, farò finta di piangere confondendo acqua e lacrime sul mio viso, sul mio collo.
Beata te, mi dicono spesso.
Beata te, echeggia il tuo canto.
In tempo di carestia ho pensato solo alla mia sopravvivenza come il peggiore dei carnefici.
Tutti i beata te non sono ancora colati sul pavimento bagnato...
(forse continua)