lunedì 26 ottobre 2009

Non so se ti è mai capitato di incontrare qualcuno che hai molto amato, dopo un po' di tempo, un po' di tempo che. Non so se ti è mai capitato di incontrare qualcuno dopo poco tempo che la vostra relazione è finita. Non sto parlando di una relazione amorosa ma, comunque, di una relazione che ha implicato un grande investimento emotivo. Incontri qualcuno che non vedi da qualche mese, nemmeno il tempo di capire cosa è successo. Hai deciso tu. Hai deciso tu di interrompere una relazione. Io mi sento molto male e molto imbarazzata. Mi addolora. L'incontro e il non potersi più dire niente. Non sapersi più dire niente. Mi addolora non poter più pensare a qualcuno come a un punto di riferimento. Anche se sono stata io a decidere. Mi addolora non avere più quella famiglia e quel tempo occupato da qualcosa da fare, a cui pensare, su cui fare sogni e progetti. Su cui arrabbiarsi. Non ho ancora ritrovato qualcosa del genere. Non so se lo ritroverò. Dico che ho bisogno di fare da sola. Ho paura a fare da sola. Tu, che ne pensi?

giovedì 22 ottobre 2009

Sono due: uno ascolta, l’altro parla.
Sono due: uno parla, l’altro ascolta.
Chi è l’altro? Qualcuno che non è quello che il primo crede, qualcuno che è lì per caso.
Chi è l’altro dei due?

Se ogni posto è uguale ogni posto è uguale. Ho una rabbia infinita dentro, così infinita che non so più cos’è. Non sono arrabbiata. Ho la rabbia di qualcun altro dentro. Ho una rabbia infinita e non so più cos’è. Che più poi è anche sbagliato perché non l’ho mai saputo cos’è. E’ infinita e si espande come la notte, come la borsa di Mary Poppins che ci sta dentro anche quello che non ci sta. È l’insalata nel frigo coi bordi rossi e poi un po’ neri, moscia come la pelle del daino morto che usi per la macchina.
Tu che leggi tu che scrivi tu che non sei tornata analfabeta, a un certo punto ho smesso di sapere tutto e non so fare niente.
Non è vero?
Tu, quelli come te, tu parli di dentro e dentro non lo sai come è. Dentro è un luogo infinito e io ho una rabbia infinita, sconforto senza abisso che anche se siamo infiniti dentro mi sembra di essere una tazza da svuotare ogni volta che è piena. Una tazza come un cesso da svuotare con le mani senza sciacquone rassicurante.
Mi guardi e non ti ricordi di me ma io mi ricordo benissimo di te. So chi sei.
Io non ce l’ho l’abisso dentro non sono profonda. Infinita sì ma non profonda: sono profonda come una tazza da tè al massimo. A svuotare quella non si inonda nulla.
La rabbia infinita è la rabbia di qualcuno altro ma non perché è infinita io c’ho quella di qualcuno altro e non la mia perché gli ostacoli mi fermano a me, un po’ come quando si prende il treno: il treno va, non sono io che lo guido, ormai va e io vado come un treno non guidato da me ma gli ostacoli li supero, ecco non li affronto, li supero, li guardo poi da lontano alle spalle, quelle loro non le mie, li guardo alle spalle e non li ho affrontati, non so nemmeno come si chiamano e che dolore mi hanno dato e cosa ho imparato. Io sono su un treno e sto ferma, il treno viaggia e io sto ferma e così ogni posto è uguale a un altro perché io sto ferma e non vado da nessuna parte.
Lo so tu mi guardi non sai di cosa sto parlando cioè lo sai ma mi credi un’idiota, sei sicuro che io sia un’idiota che ha tempo da perdere a fare questi discorsi e invece ha solo paura non è questo? Questo solo perché ti conosco altrimenti saprei io cosa dirti.
Ho solo paura, paura infinita come la rabbia ma questa è mia, non di qualcuno altro, io sono fatta di paura, tu lo sai, sei tu che mi fai paura, va bene, cambiamo argomento.

Il fioraio all’angolo ha delle deliziose roselline gialle con sfumature rosa così delicate e piccoli girasoli allevati in vaso non credi che sia impossibile forse sono di plastica non li ho mica toccati sarebbero un regalo perfetto e un chilo di pane stamattina mi è costato più di ieri te lo immagini se aumenta tutte le mattine finiremo per non poter più comprare il pane c’era quel telefilm una volta dove c’era uno che viaggiava nel tempo in una cabina telefonica rossa di quelle inglesi era una specie di scienziato e aveva i capelli ricci tanti capelli finiva sempre per salvare qualcuno da morte certa mi piaceva tanto e non ricordo il titolo la vita non dura che un istante bisognerebbe passarla a fare quello che ci piace ma cosa mi piace ci penso e ci penso notti mattine pomeriggi interi cosa mi piace mi piace il gelato mi piace il mio vicino di casa mi piace lavorare in una libreria mi piace viaggiare mi piace leggere mi piacciono gli orecchini lunghi mi piacciono i capelli rossi mi piacciono i cani lupo mi piacciono gli studi filosofici mi piace prendere l’autobus mi piace viaggiare in macchina mi piace l’acqua mi piace il cioccolato mi piace niente di importante mi piace niente di cui non si possa fare a meno tutto quello che mi piace è sostituibile è il peccato dei nostri tempi dirai tu tutto sostituibile è così che un posto è uguale a un altro sebbene cambi il panorama non c’è niente che lasci un vuoto dentro di me ma che sarà mai?
Sarà che ho un problema con quello che sento cioè che non sento bene che non capisco sarà che è tutta paura tutta paura e basta questo è quello che pensi tu è tutta colpa della memoria troppa memoria che poi non mi ricordo niente deve essere per questo che la memoria continua a starmi dentro e occupare spazio più di quello che credo così sembra che lo occupi tutto anche se non è possibile perché è infinito troppa memoria che non serve più anche quella dimenticata è inutile ricordarla e invece ha messo radici proprio per questo il mio più grande peccato è l’ostinazione con cui non mi libero di quello che non ricordo e conservo come memoria conservo finché non ricordo mi dico ma non ricordo mai e continuo a conservare e non serve a nulla la memoria va spazzata via e quell’altro telefilm te lo ricordi quello dell’uomo venuto dallo spazio che sembra proprio uno qualsiasi e divide l’appartamento con quella ragazza e conosce tutto per la prima volta e poi parla con qualcuno che non si vede mai e ha una voce lontana e scura. E si stupisce di tutto continuamente.
È proprio un cretino.
Ti stupisci mai? Rimani mai stupito? O anche solo un po’ sorpreso meravigliato incantato? Cosa non dimenticherò dei posti che ho visitato cibo in quantità industriali a poco prezzo grassi salse camerieri troppo gentili negozi che vendono solo alcol aperti 24 ore su 24 alcol e dolci supermercati con cassiere colleriche che ordinano il verso dei carrelli francobolli alla macchinetta automatica biglietti alla macchinetta automatica fornai self-service palazzi bianchi di 25 piani in mezzo a boschi palazzi fatti a ferro di cavallo e a semicerchio stazioni della metropolitana stazioni del treno tram autobus alberi alberi alberi parchi pioggia nuvole vento vento vento caldo umido lavatrice che balla salame che si dice salami i vetri di bottiglia che scricchiolano sotto le scarpe per la strada il guazzabuglio di stili i cantieri sempre aperti i buchi trai palazzi le biciclette padrone della strada i semafori tropo veloci il dolce far niente tutti i giorni la gente che non lavora gli ubriachi la donna ubriaca che ha suonato il campanello cinque volte urlando i fuochi d’artificio all’improvviso nella notte i canali la gente stesa sui prati l’enorme soldato russo con la svastica sotto i piedi il non riuscire a fermarmi e godermi un minuto un enorme Mao gli autobus turistici gli scavi dietro il muro i manifesti attaccati gli uni sugli altri il caffé caffé caffé il the alla menta la tisana al finocchio l’acqua del rubinetto il futon a una piazza e mezzo il terrazzo e gli alberi la signora che tutte le sere fa la maglia nell’appartamento di fronte le parabole dei turchi le parabole grandi come terrazzi che acchiappano qualsiasi cosa passi nello spazio. Segnali segnali di fumo segnali audio video segnali di tutti i tipi anche quelli stellari entrano dentro le televisioni ed esplodono lo sai che gli alieni potrebbero farci esplodere tutti lanciando contemporaneamente segnali a tutte le antenne paraboliche del mondo? Le antenne diventerebbero canali di un’energia centomila milioni di volte più potente di quella nucleare e tutti gli apparecchi televisivi esploderebbero e gli appartamenti e i palazzi si formerebbero enormi crateri dentro le città poche zone sarebbero risparmiate, solitamente le più borghesi dove le antenne non servono più. Ma che ne parlo a fare con te?
Mi piacerebbe parlarti di più tu che ne pensi che dici non sarebbe bello parlarti di più io sto volentieri con te ti vedo volentieri ti guardo volentieri potrei perfino cucinare per te.
Sarà meglio portare i garofani mica le roselline mica siamo qui per romanticherie…(continua)

martedì 20 ottobre 2009

Niente di memorabile.
Mai più, per una quasi esclusiva lettrice di mistiche ninfomani.
Ti ricordi i diari delle sante?
Ti ricordi quel racconto che si intitola “La specialità della casa” ?
Ti ricordi i romanzi d’amore e d’orrore?
Niente di memorabile.
Mai più. Io non so riconoscere la cintura di Orione fra tutte.
Ed è impossibile che io abbia visto tutti i film di Fassbinder perciò…
sai quanto tempo è passato buttato differenziato e riciclato?
Vent'anni forse e immobile mi muovo.
Ti ricordi quando mi era vietato andare in bicicletta per strada?
Mi impegno nella lettura solo sulle sedie d'ospedale, di reparto o di corridoio non importa.
Le sedie d'ospedale mi stimolano, a dispetto delle stampe appese ai muri quindi…
mi hai trovato lì, ti ricordi?
Mi piacerebbe riempire una valigia piccola e partire e partire e partire, fare soggiorni che durino solo una settimana fino alla morte.
Mi piacerebbe entrare in un ristorante e ordinare farfalle alla rosa e capire come si sta bevuti senza bere e parlare sinceramente.
Mi piacerebbe uscire per andare a votare e non tornare più a casa, lo vedi
come sono le case di Berlino all'aria di neve e le assurde decorazioni natalizie tedesche e quei posti con i divani di pelle.
Non ho carte stavolta, se mollo sono fregata, se mollo sono fregata.
Quasi allegra, in sala d'aspetto non capivo perché mi hai parlato.
Le farfalle si riconoscono tra loro.
Devo pensare bene a cosa fare, così quando non lo farò verrà proprio bene.
Me lo hanno detto finalmente. Non ricordo quasi nulla.
Nelle notti in cui ripasso il letto sfondato.
Me l’hanno detto cosa sono, cosa posso ricordare.
E nelle mattine prima di entrare sotto l’acqua.
Devo pensare bene, devo pensare proprio bene, fare un piano senza sbavature e niente picchi o alzate d’ingegno,
cose semplici, dirette, lame di rasoio antico coltello a scatto, roba meccanica che non si guasta mai.
Voglio un’idea meccanica di quello che non farò, un piano pronto per l’azione in qualsiasi momento, una fuga per i momenti di noia in cui non ci sono tisane che tengano.
Le piccole cose che ti fanno stare bene, cerca le piccole cose che ti fanno stare bene, dunque quali, per novanta persone su cento?
Un the, una tisana, alcol, qualcosa da bere, qualcosa da ingoiare.
Qualsiasi cosa a riempire il lavandino.
Le piccole cose che ti fanno stare bene.
Comprare oggetti, prodotti per la pulizia a spruzzo, scotch, cucchiaini da caffé.
Qualcosa per riempire, riempire.
Assumere farmaci, riempire, farsi una pera, riempire le vene.
Devo aver vissuto sempre qui e non vedo altro.
Avere a lato questo essere e io mostro, insieme e, nei sogni della morte, chiedere al risveglio che qualcuno mi accompagni che non mi lasci sola, sola
e che mi dia qualcosa di pulito, qualcosa di pulito per me.
La vecchia roba meccanica che non si guasta mai, il rasoio e la macchina da scrivere,
lo schiacciapatate e la lama per tagliare i fogli.
Quando morirò, non lasciarmi sola, dammi qualcosa di pulito, stammi accanto come qualcosa di pulito.
Cercare un toro rosso su un campo verde, questo diceva Kim, in quel film degli anni ‘40 o ‘50.
Alla ricerca del toro rosso, un bambino che non sapeva nemmeno se era orfano.
Lei vuole fare sempre la bambina, lei.
Ascoltare la bambina non è possibile perché lei è la bambina.
Di quale bambini parli? Non sono mai stata una bambina.
Rimango una bambina.
Ho un cane al guinzaglio o sono un cane al guinzaglio.
Chi è il cane e chi sono io.
E se il cane pensa e ha una volontà, non posso portarlo al canile.
Forse dovrei essere io il cane e scappare oppure essere io a scappare dal cane.
Ho solo una cosa chiara in mente, bisogna che scappi.
Ché se io sono il cane, il problema è il guinzaglio, le macchine per la strada e i cattivi incontri
e se non lo sono, il mio problema è il cane che mi rincorre e mi azzanna
perché il mio cane è cattivo, parecchio cattivo come le tigri dai denti a sciabola
che con una mossa del collo ti tagliano la testa e portano le lingue come trofei
ma il problema più grave potrebbe verificarsi se scoprissi di essere il guinzaglio.
Io penso.
Mi hanno detto che non devo pensarci troppo perché non ne vengo a capo
ma devo pensare bene a cosa fare,
non a chi sono e cosa ho fatto ma a cosa fare.
Cosa ho fatto, cosa potrei aver fatto io?
Guardami, sono piccola, ho la schiena storta.
Mi hanno trovato lì, proprio lì e se ne potrebbe parlare fino alla nausea, mi hanno trovato
lì.
Quello che mi ha trovato, l’ho saputo poi, era il figlio della donna morta e era andato a cambiare i fiori dopo chissà quanto,
chissà quanto che i fiori erano ammuffiti e poi seccati.
Io ero lì e basta, cosa vuole da me?
Tutti saranno rimasti stupiti, un’ambulanza nel cimitero.
A fare cosa?
Io sono riuscita a fare questo
e da quel momento, una domanda dopo l’altra
per sapere qualcosa che interessa solo a me e forse neanche.
Chi sei?
Come ti chiami?
Che ci facevi là?
Da dove vieni?
Quando sei nata?
Dove sei nata?
Hai una famiglia, un padre, una madre, fratelli, un marito, un fidanzato, amici, un lavoro?
Hai una casa?
Dove abiti?
A quali riviste sei abbonata?
Che scuole hai fatto?
Cosa mangi?
Cosa ti piace?
Sei allergica a qualcosa?
Che malattie hai avuto?
Assumi sostanze stupefacenti?
Sei mai stata in cura da uno psichiatra?
E ricoverata in ospedale?
In quale reparto?
Come si chiamava la tua bambola preferita?
A quali giochi giocavi?
Che scuola elementare frequentavi?
Come si chiamava la tua compagna di banco?
Compagna di banco, sicuramente con le treccine e gli occhiali. è logico.
E la scuola aveva un giardino e gli adesivi di natale alle finestre,
che nessuno li staccava mai tanto gli anni vanno uno dietro l’altro finché non si scoloriscono,
allora tocca toglierli ma per quello c’è la bidella.
E la Barbie era rigida e vestita da sera, con i capelli tagliati e lavati con lo shampoo,
che poi venivano stopposi e ingarbugliati e sembrava una scappata da un manicomio
e quindi si poteva truccare con i pennarelli.
A volte non aveva mani e piedi che si staccavano facilmente a morsi.
Lo dico per dire, lo dico per dire, non lo capisci che lo dico per dire?
Bisogna dare soddisfazione agli altri.
Non è che puoi negare sempre tutto.
I miei occhi vedono quello che vedono tutti.
Impari a fare finta fin da quando esci dal ventre della brava mammina.
Qualcuno deve avermi detto che l’Iperuranio esiste,
che scegliamo noi per davvero dove e quando nascere.
Se così fosse, il 90 per cento delle persone sarebbe così idiota da comprarsi un cappio per il collo sin da morta?
Non ci credo.
Io avrei scelto di essere felice.
Avrei scelto di essere con i capelli rossi e gli occhi scuri
e sarei nata da un filosofo e una scienziata degli oceani.
I miei nonni sarebbero stati due artisti delle avanguardie del primo novecento,
dadaisti.
Io avrei scelto tutte le sciocchezze, tutte le sciocchezze possibili.
Non sono né una madre né un padre devo aver ucciso qualcuno, fatto qualcosa, amato.
Devo aver ucciso qualcuno.
Ma ti ricordi, ti ricordi dove mi hai trovato?
Dove mi hai cercato, sulla sedia della sala verde con le cellule alle pareti?
In attesa del prossimo esame per me?
Ero lì e tu piccola indiana mi hai raccattato e mi hai parlato delle tue stanze in affitto.
Ero lì e non ero lì e mi hai accompagnato a casa quando hanno finito con me.
A casa tua perché avevi visto che avevo tanti soldi in tasca.
Per qualche mese si sta bene, devi aver pensato.
Sono l’inquilina perfetta ogni dieci del mese e poi niente, via, mente vuota, aria pura, vento in quota, via, non parla mai, esce poco, non fa rumore e tiene la casa pulita.
Ti ricordi i libri dell’ospedale?
L’unica a leggerli.
L’ospedale è fatto apposta per leggere, nessuno se ne accorge.
Grazie, grazie davvero
ma io dovrei tornare tornarci, magari
o magari tornare lì.
Quei fiori sono di nuovi secchi, magari.
Magari di nuovo quel figlio è lì.
Dovrei andare al ristorante,
dovrei,
dovrei andare a Berlino a vedere, verificare.
Dovrei comprare una tisana o farmi fare un massaggio.
Devo pensare bene a cosa fare,
prima di andare.
Andare.
Devo pensare.